Ricordando Gabriele Serrafero

mai più cortecce dilaniate sui monti,
nè simulacri di civiltà effimere e voraci:
noi ieri fummo corpi in effusione di vita!

Il Partigiano assetato - Gabriele Mucchi 1995 - Premio "Città di Casale"


AMICO GABRIELE, IN QUEL DI

CAMINO CI SEMBRAVI ETERNO!...

Lassù eri più vicino alle stelle.
Ti governava pazienza arcana
e diuturna arte di vivere .
Verrà a mancare la tua saggezza!
Saperti di quasi cent’anni dava
---
allegria, dentro una scrittura
che irroravi d’ironia sottile.
Ora chiedi congedo e t’inerpichi
per altre strade ove udrai passi
remoti e forse i nostri. Reggerai
---
a cotanto sonno? Rammenti, Gabriele?
Fu il tuo senno a guidarci per dar
volto d’arte alla Resistenza di ieri.
Porgevi a tutti qualcosa perché
si potesse correre a braccia larghe
---
sotto l’albero della vita. Amico mio,
ci fossero ombre di betulle sui tuoi
silenzi! Tu sapevi coesistere
con le cose: era un modo di ragionar
con il mondo e con la storia. Come vedi,
---
ce ne stiamo andando alla chetichella.
Se un dì, nei vicoli di un aldilà potremo
comporre una Rassegna d’arte per riaver
luce e ansia terrestre, saremo io e te
a levar codesta baracca, accampati come
---
una volta in riva d’un fiume d’epoca,
o sul dorso delle tue colline in fiore.
Non ci punga spina di rovo, né serpe
o diatriba di umani, ma vocio di gatti
in amore. Vero Gabriele, in
vaghezza di Camino?

Jean a Gabriele Serrafero
Domenica 21 novembre 2004
-
Triste il nostro saliscendi nel cimitero
di Camino per cogliere il tuo Golgota!...
---
Anche tu giungesti in salita, trascinato
a braccio, dentro un involucro, con rotelle
impazzite. Vestivi panni d’Amleto in groppa
al non essere. Cadde puntuale il “Crucifige!
Crucifige!” T’appesero con ruvida pietà
contadina all’albero della luce, o del bene
---
e del male? Ti chiusero a chiave dentro
il muro di cinta, anche se avevi sognato
di divenir ala di farfalla, barlume
di tramonto! Si spegneva ogni frammento.
E in noi vegliavano quei tuoi versi
di seta morbida, quasi di Saffo, smarriti
---
su labbra di nipote. Che non reggeva il tuo
vento d’amore e lo spartiva con noi, nonno
Gabriele! Parole le tue che parevano dir
“grazie” all’ultimo pomeriggio di muschio
e di sole, alla nostra vanità terrestre!
Che un dì io e te mutavamo in lirica
---
semente e in trepido guanciale d’infinito.
Me ne andai da quel borgo che dorme grosso,
come un gatto randagio, confuso a passi,
e a visi senza voce. E risentii Paul Valery
che gridava “Il faut tenter de vivre!”
Ma di rimando il tuo “Crucifige!” in me
---
scandiva altro suono: Mon Valery, il faut
mourir à l’infini! “Et maintenant qu’il fait
nuit, mon ami Gabriel, je répéte comm’il était
beau quand nous disions « Il faut, il faut
tenter de vivre dedans le mystère, le long
d’un fleuve qui nait et meurt en nous ! »

Jean Servato
Martedì 23 novembre 2004

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